Ti sei mai chiesto quali sono i veri fattori che influenzano le nostre decisioni?
Per spiegartelo, devo ringraziare l’anonimo genio che ha inventato la metafora dell’iceberg. È perfetta: la parte visibile rappresenta i desideri e i bisogni di cui siamo consapevoli, quelli razionali. Ma la parte sommersa – molto più grande e decisiva – nasconde il dolore e la paura, cioè quelle spinte istintive che spesso guidano le nostre scelte senza che ce ne accorgiamo.
Le persone, in genere, ti diranno cosa desiderano o apprezzano.
Ma la verità è che ciò che le spinge davvero a decidere è il loro “dolore”.
Facciamo un esempio pratico. Pensa a un dirigente che sta cercando un consulente per migliorare la redditività della sua azienda. In superficie sembra tutto chiaro: vuole aumentare i profitti. Ma se indaghi un po’ di più, scopri che dietro c’è una paura ben più grande: non soddisfare le aspettative degli azionisti, rischiare il fallimento o perdere la faccia davanti al Consiglio di amministrazione.
Sono queste preoccupazioni più profonde che orientano davvero le sue scelte.
E allora, cosa puoi fare in una negoziazione?
La strategia vincente è chiederti quali paure potrebbe avere la persona davanti a te.
Ascolta davvero, non solo con le orecchie ma anche con la sensibilità di cogliere quello che non viene detto apertamente. Cerca di individuare i suoi “dolori”.
Una volta che li hai individuati, puoi mostrare che hai capito il problema. A quel punto, la soluzione che proponi non sarà vista solo come qualcosa di utile e fattibile, ma come una risposta diretta alle sue preoccupazioni più profonde.
È lì che si costruisce la fiducia, ed è lì che avrai già messo un piede verso il successo della trattativa.
Facciamo un altro esempio. Un cliente ti dice che vuole migliorare la gestione del tempo con un nuovo software. Questo è il desiderio espresso, la punta dell’iceberg.
Ma se andassi più a fondo, potresti scoprire che il vero problema è la paura di non rispettare le scadenze, la pressione per soddisfare le aspettative dei superiori o, magari, il timore di perdere il lavoro perché le cose non funzionano.
Sono queste paure, non il desiderio di “un software migliore”, che guideranno la sua decisione. E il tuo compito è capire quelle emozioni, toccarle con delicatezza e dimostrare che sei lì per risolverle.
Quando riesci a fare questo, sei davvero a un passo dal chiudere la trattativa.